L’intervista

20 Settembre 2024
Lettura: 2 minuti

«Il mio vero lavoro, in realta, è quello di archivista» ha esordito con un sorriso Stefano Bizzotto, noto giornalista e telecronista della Rai. Nato nel 1961 a Bolzano, e in cui vive tutt’ora, lontano dalla velocità di Milano e dalla grandezza di Roma. È una delle voci del calcio di Rai Sport, ha presenziato gli eventi internazionali più importanti, dai mondiali di calcio alle Olimpiadi.

Perché ancora vive a Bolzano?
È una città a misura d’uomo e questo mi rappresenta. Amo andare al lavoro in bicicletta, ma soprattuto in ufficio ho la possibilità di avere la mia teca personale che nessuno è autorizzato a toccare.

Una teca?
Si, ho quasi 2400 pezzi tra cassette e cd in cui ho registrato di tutto, dai gol agli assist, fino ad arrivare talvolta a dei fermi immagine su singoli giocatori.

Come ha fatto ad accumulare tutto questo materiale?
Tanto impegno e dedizione, ogni momento libero dal lavoro lo impiego per aumentare il materiale a disposizione, mi piace dire che è una pianta a cui è necessario dare quotidianamente acqua per farla crescere. Tutto questo è un elemento fondamentale per il mio lavoro.

In pratica a cosa le serve?
Grazie a questo repertorio costruisco i miei servizi, selezionando le immagini.

Una produzione di cui va particolarmente fiero?
Credo che possa essere il “coccodrillo” (indica un articolo commemorativo, già confezionato, sulla vita di un personaggio noto, al fine di pubblicarlo appena giunta la notizia della sua morte, ndr) sulla morte di Pelè. Quella sera il mio capo mi chiese di produrlo, io in un’ora lo confezionai. Ho costruito tutto grazie ai miei ricordi, metricamente rappresentati poi dai materiali a mia disposizione che mi hanno permesso di fare un ottimo lavoro.

Come ha iniziato a fare il giornalista?
Sono stato molto fortunato: all’età di 19 anni ero già assunto all’Adige. Inizialmente mi occupavo di seguire tutti gli sport che mi capitavano, poi mi sono specializzato nel calcio tedesco. È soprattuto a Marco Degli Innocenti, che ho avuto la possibilità di imparare il mestiere ed essere poi assunto da “La Gazzetta Dello Sport”.

Come è stata la sua esperienza alla “Gazzetta”?
Bellissima, ho avuto la possibilità di seguire da vicino la nazionale tedesca al mondiale di Italia 90, un sogno che si avverava. Vinsi addirittura un premio della famiglia Moratti come miglior giornalista del campionato del mondo.

Poi è passato in Rai, perché?
Arrivò la possibilità di poter tornare a Bolzano, e non riuscii a rifiutare. Sentivo da dentro un richiamo verso casa e decisi di lasciare il posto in “Gazzetta”. Fu uno dei momenti più complessi della mia esperienza professionale, soprattuto dover dire a chi mi aveva dato fiducia che avrei lasciato.

Ad oggi è stata la scelta corretta?
Sicuramente si.

 

Leggi gli altri articoli
L’equilibrio del cronista
di Marina Tomassoni
A tu per tu
di Ludovica La Ghezza
I segreti delle telecronache
di Cristian Gatti
Al servizio dello spettatore
di Alessio Modarelli
Passione e competenza
di Andrew Pompili
Il Tedesco come opportunità
di Alessio Anselmi
Il rispetto per gli intervistati
di Giorgio Lucarini
Archivista-Giornalista
di Simone Anastasi
Torna all’Introduzione

 

A cura di
  • Francesco Sebastiani